"Ricetta:
Un antico castello di cui una buona metà cade a pezzi,
Un lungo corridoio, con numerose porte, di cui parecchie devono essere segrete,
Tre cadaveri ancora belli e sanguinanti,
Tre scheletri impacchettati con cura,
Una vecchia, impiccata e con parecchie pugnalate alla gola,
Ladri e banditi a volontà,
Una dose sufficiente di sospiri, gemiti soffocati o orribili strepiti.
Tutti questi ingredienti, ben mescolati e suddivisi in tre porzioni o volumi, danno un'eccellente mistura che tutti quelli che non hanno il sangue nero possono prendere facendo il bagno, prima di andare a letto.
Ne avranno i più sensibili benefici. Probatum est."
Anonimo - Formula per scrivere un romanzo gotico del 1797 -
Ciò che mi spaventa è l'occulto. L'invisibile agli occhi.
Ho preso la strana abitudine di uscire nella notte. In silenzio, un passo dietro l'altro, nell'oscurità profonda. Le strade mi sono amiche con le mura spesse, le luci spente. Mi sento seguita, a volte. Ho preso un grande cappotto, nero. Cerco sempre di cambiare giro, ma mi accorgo che faccio sempre le solite strade. Ho deciso che fosse saggio appuntarmele in un taccuino. Rosso. Mi piace l'effetto del rosso che scivola dal cappotto. Rosso nel nero. Via Roma, Corso Italia.. la scrittura è veloce, i nomi delle strade abbozzati. Cammino mentre scrivo. A volte mi fermo di scatto e mi guardo indietro. Mi sembra di vedere un piccolo uomo che mi segue. I suoi occhi verdi mi abbagliano e mi devo coprire. Negli ultimi giorni mi accadono coincidenze sempre più strane. Mi trovo davanti piccoli testi di alchimia che pensavo di non possedere. Ho aperto una pagina a caso e ho letto dell'Homunculus. Ho chiuso subito e sono scappata. Non ricordo più dove ho messo il libro, ero certa di averlo lasciato sul tavolo,ma quando sono tornata era scomparso.
Ieri notte mi è caduto il taccuino rosso. L'asfalto era bagnato e ora ha delle macchie orribili sulla copertina. Quando l'ho aperto mi sono sentita svenire. Ho visto che i nomi delle strade erano cambiati, ma la scrittura è la mia, veloce e abbozzata. Non conoscevo quelle strade e non so perchè ma penso di aver buttato il taccuino.
Volevo tornare a casa, ma non riconoscevo le strade, ho continuato per una via enorme con tanti portoni di legno finchè in un angolo non ho visto quella strana figura che mi sembra essere un incrocio fra uno gnomo e un pesce. L'ho seguito nella notte, cercando di non distrarre gli occhi dal verde accecante che emanava quella piccola e svelta figura. Mentre mi affannavo a seguirlo ho visto una porta che si apriva e per un attimo ho sbirciato dentro. Ora mi maledico di averlo fatto!! Illuminati da una sola candela ho visto delle persone deformate discutere intorno ad un tavolo. E' stato solo qualche secondo ma sono certa che non fossero persone normali. Oltre ad avere degli strani cappelli ciò che mi ha fatto rabbrividire è che.. la candela illuminava solo la stanza anche se era posizionata in mezzo al tavolo, mentre loro erano in ombra, neri, senza riflettere la luce. Delle ombre nere. Sono certa che uno di loro mi abbia vista, sentivo dietro di me dei passi rapidi svelti, un grande freddo che mi braccava le spalle. Ho corso, perdendo di vista l'homuncolus (ma esisteva davvero?) che stavo seguendo, finchè non mi è sembrato di scorgere un angolo poco illuminato. Mi sono nascosta, contando i battiti del mio cuore e frugandomi in tasca per cercare il taccuino, non ricordando di averlo buttato e ho trovato solo un foglio. Questo. Ho pensato di scrivere qua gli ultimi avvenimenti di questi giorni, sperando che qualcuno possa trovarlo e salvarmi. Lo spazio sta finendo, dall'altro lato del foglio posso scorgere soltanto una strana ricetta.. sembra molto consumata dal tempo ma riesco ancora a decifrarne un pezzo che dice così: "Formula per scrivere un romanzo gotico del 1797".
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Grazie al maritozzo per l'ispirazione :*
Grazie a Cipì per l'illustrazione fantastica dell'homuncolus che potete vedere qua sopra (e spulciate bene il suo blog che è veramente bellissimo) =)
19 marzo 2008
04 marzo 2008
passato
"E scivola nel pomeriggio d'oro
piano la barca col pigro equipaggio;
un remo qua, uno là, senza perizia
manovran le braccine, nel miraggio
di dare un qualche senso razionale
al nostro zigzagar di vasto raggio"
-Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie-
Così prendo i remi della mia barca.
A volte però mi perdo, in pensieri strani, in universi nuovi.
Mi perdo con i miei sogni che ogni tanto faccio anneggare, li butto a mare, per punizione, per tradimento.
A volte accanto a me c'è uno scrigno che sembra una bara tanto è il peso oscuro che è vi dentro. La sento che nelle notti in tempesta vuole farmi affondare, sparire per sempre. Il cielo diventa nero, nemico, mi schiaccia. Allora arriva la burrasca, e anche se provo a essere preparata talvolta è talmente forte che rischio di perdermi, in tutto quel mare, infinito. Io ho paura del mare. Del mare nero dove non vedi niente. Eppure ti parla, ma parla di morte. Parla di passato. Di cose che non ho capito o capito troppo tardi, di ferite nel cuore che sanguinano ancora.
A volte vorrei nascondermi in qualche anfratto, ma ho scoperto che la mia è solo una barchetta, una barca di carta abbandonata su un piccolo stagno che va senza meta, tirata dal vento.
Quando il cielo è arrabbiato ho paura poichè non so nuotare, ma ogni volta che sto per cadere, lo vedo, il mio fidato equipaggio apparire, pronto a tendermi la mano e a salvarmi dalle fauci dei pescicani.
Grazie fidata ciurma, per voi una risata di cuore e una sana bottiglia di rum.
piano la barca col pigro equipaggio;
un remo qua, uno là, senza perizia
manovran le braccine, nel miraggio
di dare un qualche senso razionale
al nostro zigzagar di vasto raggio"
-Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie-
Così prendo i remi della mia barca.
A volte però mi perdo, in pensieri strani, in universi nuovi.
Mi perdo con i miei sogni che ogni tanto faccio anneggare, li butto a mare, per punizione, per tradimento.
A volte accanto a me c'è uno scrigno che sembra una bara tanto è il peso oscuro che è vi dentro. La sento che nelle notti in tempesta vuole farmi affondare, sparire per sempre. Il cielo diventa nero, nemico, mi schiaccia. Allora arriva la burrasca, e anche se provo a essere preparata talvolta è talmente forte che rischio di perdermi, in tutto quel mare, infinito. Io ho paura del mare. Del mare nero dove non vedi niente. Eppure ti parla, ma parla di morte. Parla di passato. Di cose che non ho capito o capito troppo tardi, di ferite nel cuore che sanguinano ancora.
A volte vorrei nascondermi in qualche anfratto, ma ho scoperto che la mia è solo una barchetta, una barca di carta abbandonata su un piccolo stagno che va senza meta, tirata dal vento.
Quando il cielo è arrabbiato ho paura poichè non so nuotare, ma ogni volta che sto per cadere, lo vedo, il mio fidato equipaggio apparire, pronto a tendermi la mano e a salvarmi dalle fauci dei pescicani.
Grazie fidata ciurma, per voi una risata di cuore e una sana bottiglia di rum.
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