11 dicembre 2007

Per me. Solo per me.

A te, che non ci sei più.
A te, che mi guardi. Da lassù.
Un altro anno è passato, ma il dolore è lo stesso, nel cuore.
Io sono qui (credo).. e tu dove sei?
Mi manchi.

Ho il terrore della morte. Lo ammetto.
Ci sono giorni che non penso ad altro. Ho una paura terribile di restare solo. Solo io. Io e basta. E io, senza nessuno che mi vuole bene, non mi basto. Tutti quelli che mi conoscono sono convinti che io sia una persona solitaria. A scuola non parlo quasi con nessuno e non appena suona la campana
esco il più velocemente possibile e vado a casa, così, senza salutare nessuno, senza voltarmi indietro. A volte conto i passi che mi separano da casa. L’ultima volta erano 2137, senza contare gli scalini. Ecco, quelli non li conto mai. Non appena arrivo al portone principale smetto di pensare ai passi, suono il campanello e aspetto. Adoro quell’attesa. Sono quei pochi secondi prima di sentire una voce calda e familiare dire: “chi è?” E’ stupendo. Io non rispondo mai, non dico mai niente. Resto zitto, fermo, in estasi. Come la prima volta che ho visto babbo natale scendere dal camino. Mi sembrava una magia.
Quando il portone si apre arriva il più bello. Io salgo gli scalini, i primi quasi correndo, poi sempre più lentamente, finchè, piano piano, sento le voci sempre più vicine. Sono le voci dei miei genitori. Le voci delle casa. Io credo che la mia casa sia viva. Parla, e man mano che mi avvicino cerco di essere il più silenzioso possibile per non perdermi nemmeno una sillaba di quello che dice. E’ bello. Credo che la mia casa sia per me la migliore amica. Non appena la porta si apre mi sento felice. Spesso c’è la mamma lì, sulla soglia ad attendermi; io la saluto appena e scappo via, nel mio RifugioSuperSegreto. E’ proprio lì che penso alla morte. Da quando è morto il nonno ho anche iniziato a scrivere. Un mese prima che si ammalasse era il mio compleanno e lui mi aveva regalato un diario bellissimo. C’è una dedica dentro. Per me. Solo per me. C’è scritto:
scrivi tutto, per essere immortale. Scrivi tutto per non perdere niente. Scrivi tutto… che io lo leggerò
.

Questa dedica l’ho letta migliaia di volte da quando se n’è andato. Ogni giorno scrivo qualcosa per lui. All’inizio sognavo che mi rispondesse. Chessò, bastava un minimo segno. Ma non è mai venuto. Però ho continuato a scrivere. Mi sembrava che fosse con me. Da allora parlo poco e scrivo tanto. Parlare è così inutile…in fondo posso scrivere anche a chi non c’è più.

E così penso alla morte. Ci penso tanto. Faccio congetture su possibili aldilà, su paradiso e inferno. Spesso immagino la morte degli altri. Delle persone a cui voglio bene e piango, piango tanto. Piango quando penso che resterò solo. Ciò che mi fa più paura è il non sentire più le voci, quel “chi è?” di mia madre quando suono il campanello. Temo la mia casa muta e piena di lacrime, le mie.

E invece no.

Credo di avere tanto tempo. Sono convinto di vedere la morte posata sopra gli altri e mi sbaglio.

La morte è accanto a me e io non posso dire niente. Sento la sua mano gelida, accanto al mio cuore e io non posso muovermi.

Oggi (o forse ieri? un anno fa? quando è successo?) avevo tanta voglia di tornare a casa, di sentire il “chi è?” e andare nel mio Rifugio. Però non so come, forse ero distratto contando i passi o non ho guardato prima di attraversare la strada. Io onestamente non mi ricordo niente. Ciò che so è che non posso parlare. Ho qualcosa in gola e vedo un soffitto bianco. Sono solo, senza nessuna voce amica. Senza la mia casa e il mio diario. Gli altri però sono vivi da qualche parte. Io vorrei tanto sentire le loro voci e potergli dire per una volta che gli voglio tanto bene. Vorrei dirgli del mio diario e del RifugioSuperSegreto che non troveranno mai. Ora mi sento molto stanco. Qua da qualche secondo c’è un rumore così assordante che mi sembra l’antitaccheggio del supermercato, ma sono in un ospedale e l’unica merce in vendita è la mia vita. Ora non vedo più niente, il rumore è così forte e io mi sento solo, terribilmente solo.

Vorrei chiamare la mia mamma, ma accanto a me c’è solo la morte. Per me. Solo per me.