29 aprile 2008

P.S.

Sono in una sala d'attesa.
E' notte ormai e io aspetto.
C'è silenzio.
A volte la porta rossa alla mia destra si apre. Escono persone vestite di verde o blu. Sembrano tranquille, fanno il loro lavoro. Io aspetto. Le sedie sono consumate. Consumate dal tempo d'attesa. quella alla mia sinistra ha uno squarcio. Potrebbe sembrare un sorriso ma a me sembra più una bocca disperata. Una bocca che urla, anzi che vorrebbe urlare, ma non esce la voce. Da qua, fuori è tutto tranquillo. non c'è rumore. Nella sala di attesa è tutto ovattato. Il tempo non scorre come nella realtà, ci sono tempi diversi. I minuti sono scanditi dai rumori provenienti dalla porta rossa. Cerco di carpire voci conosciute e di riconoscere passi, ma non appena mi volto scopro facce vuote che non mi dicono niente.
Le parole nella sala di attesa hanno significati diversi. Vedo sguardi smarriti, vorrei risposte precise ma in queste sale di attesa penso che non esiste questa esattezza. E' un mondo che non conosco e che mi fa paura. Accanto a me c'è mio fratello. Parliamo del più e del meno, ma ora a distanza di poche ore non ricordo nessuna frase. So soltanto che nella sala di attesa non si può parlare di cose impegnative. Si parla di caffè, di bagni e di lavoro pesante. Si parla di cosa vorrei o non vorrei fare. Si parla, ma le mura bianche mi tolgono la voce e io faccio fatica ad ascoltarmi. Davanti a me c'è un cartello scritto a mano, con cura, in blu. E' un bel blu e scommetto quello che vuoi che l'ha scritto una ragazza. Una ragazza della mia età, magari, che in un lunedì notte di aprile, quando la situazione è tranquilla, si siede e scrive. Mi semba di vederla prendere un foglio bianco e scriverci due parole con un pennarello e colorarle piano. Poi tagliare lo scotch a pezzetti piccoli e precisi. Minuti che passano in questo tempo infinito. Un tempo che non conta, che è scandito da porte rosse in attesa di essere aperte.
Sotto il cartello ci sono delle pedate. Immagino la gente che aspetta, come me, e che appoggia le scarpe al muro. io non lo farei. Non voglio lasciare impronte qua. Non voglio questo posto. Non voglio sopratutto che questo luogo mi riconosca.
In questo mondo il tempo ti rapisce. Non esistono ore di attesa, esiste solo l'attesa. L'attesa di vederti e non importa quanto dovrò aspettare, il tempo scorre e non esiste altro. E' un altro mondo, fatto di silenzi, frasi futili e speranze.
E' la sala di attesa del pronto soccorso.

Quando la porta rossa si apre e TE sei lì in piedi, tutto cambia. Varcare la grande porta di ingresso è un ritorno alla realtà. Il tempo ora è scandito da minuti, da aria respirabile, da suoni diversi. E' notte, ma non so se fa freddo, sto bene accanto a te e la porta rossa è solo un brutto ricordo.

19 aprile 2008

Erewhon

Immagine di Londra

"Non si dà azione che non si fondi su un equilibrio di considerazioni"


Entro dicembre farò un viaggio.
Londra. Io e... chi vuole venire con me :)
Senza pensarci. Lasciandosi andare. Partire. Ero davanti alle guide turistiche (scontate anche :P) e mi sono detta che volevo fare un viaggio.
Londra.
Voglio tornare a Londra. Per sognare e vivere.
E' un po' che non scrivo. Mi perdo in libri e università. Imbarattolo odori e registro sensazioni. Mi arrabbio, anche. Vivo. In fondo sto bene e sono felice.
Sorrido e penso ad un viaggio che mi spaventa e che non vedo l'ora di fare.
Mi perdo in pensieri più o meno reali, immagini e ricordi che mi colpiscono, ma che non fanno paura. Sogno e rido come una fessa. :) FANTASTICO.