08 aprile 2010

fine

la castagna cambia.
casa, maschere, interessi, ma non gli amici.

se volete visitare la castagna non dovete che bussare alla sua nuova casa
www.castagnablog.blogspot.com

finalmente a casa.

28 dicembre 2009

buuuahh

lo sprefe mi odiaaaaa

31 dicembre 2008

Il Signor F.

Daniele Alfani - olio su legno - 2008
A Cri e ai sogni.


Era tempo di decidere. Dopo quella brutta, bruttissima giornata, il signor F. non ebbe più dubbi: qualcosa doveva cambiare, ed anche al più presto. S’infilò la giacca da camera a quadrettoni rossi e gialli e sedette alla scrivania di fronte alla porta finestra. Fuori pioveva e le luci dell’Hotel Corso erano accese sulla strada trafficata. Questa volta avrebbe programmato ogni cosa. Un promemoria dettagliato sarebbe stato il punto da cui partire. Accese il computer e cominciò a segnare il da farsi, una sorta di piano a cui attenersi scrupolosamente. Di colpo si sentì invadere da un senso di profondo benessere, come gli capitava ogni volta che addormentandosi, riusciva ad entrare nei sogni degli altri.
Quello era il suo segreto, la sua dolce follia che lo accompagnava da mesi. Nessuno lo sapeva, tranne lei, Viola, ma qualcuno gliela aveva rubata.
Tutto era iniziato quando aveva trovato quel posto come inserviente nel centro REM, la clinica di Recupero Educativo della Memoria; il suo compito era pulire le stanze dove i pazienti si facevano quei lunghi sonni purificatori dai quali quando si svegliavano non ricordavano più chi erano. La nuova cura alla follia dicevano i luminari, ma per la gente comune erano solo delle prigioni per matti senza via d'uscita. Ovviamente le leggende si alimentavano con una facilità disarmante, era un luogo sinistro, una ex caserma militare di periferia, con tanto di filo spinato dotato di scariche elettriche. Le mura all'esterno erano cadenti e il grande giardino che le circondava totalmente incolto. Si diceva che i pazienti dormissero per giorni, settimane a volte mesi interi! C'erano anche persone però pronte a giurare di aver visto i pazienti girovagare nella notte, arrivare fino alle finestre delle loro case e osservarli, rubargli la felicità del sonno. Per questo molte persone se ne erano andate a vivere in città e nessuno voleva lavorare alla clinica. A parte i medici, che il signor F non aveva mai visto, era l'unico inserviente. Ben presto per non impazzire aveva iniziato a parlare con quei pazienti che giacevano in quel sonno profondissimo. La sua prima amica divenne Viola, giovane e delicata, sembrava una bambola, le parlava per ore. Una notte il signor F. sognò un grande campo verde e tante persone in fila. Fra loro c'era Viola, lo prendeva per mano e finalmente riusciva a sentire la sua pelle delicata, da bambina.
Il giorno successivo, mentre puliva la stanza, si avvicinò a lei in punta di piedi e le sussurrò all'orecchio: -è stato bello vederti.
Quella notte stessa sognò nuovamente il grande campo verde, ma Viola non c'era. Iniziò a camminare verso i fitti arbusti che si estendevano pochi metri avanti e scoprì un sentiero. Senza pensarci un attimo iniziò a percorrerlo velocemente, a tratti si guardava indietro sospettando di essere seguito. Dopo qualche minuto si ritrovò davanti ad una vecchia casa con una porta di legno. Sembrava consumata dal tempo, come se avesse combattuto una lunga battaglia, puzzava di marcio e si stava scrostando un pezzo alla volta. Entrò con la speranza di trovarci Viola. Lo accolse solo una stanza vuota. Alzò gli occhi verso il soffitto e vide dei buchi. Sembravano degli oblò, c'era come acqua dentro, ma era nera. Solo allora il signor F. si accorse che per terra c'era un foglio consumato. Lo scartò con cura per paura che si sgretolasse da quanto sembrava fragile.
In caratteri piccoli c'era scritto:
“Adesso sogna.
Lasciati andare verso uno dei mondi possibili sopra di te.”
Dopo pochi attimi, l'acqua nera lo avvolse e venne trascinato su.
Quando finalmente riuscì a respirare si trovò nel grande campo verde, il cielo era sereno e non c'era vento. Era tutto tranquillo, non c'era nessuno e la cosa che lo spaventò fu che riusciva a vedere i confini di questo piccolo mondo, non sentiva nessun odore e non aveva nessuna sensazione tattile. Il signor F. capì che qualcosa era andato storto. Si sentiva bloccato e il suo cuore cominciò a battere all'impazzata. Poi iniziò a sentire delle voci che dicevano che il signor F. aveva commesso un errore, aveva sbagliato strada e si era perso. Il panico si impossessò di lui. Iniziò a urlare e a cercare una nuova via di uscita da quel mondo vuoto.
Nel nuovo mondo del signor F. il tempo non esisteva. Con la sua mente arrivava in un attimo a toccare i confini del campo e poi doveva bloccarsi, si sentiva legato, finito.
Quando si svegliò e aprì gli occhi era mattina, ma non era a casa.
Davanti a sé c'era un soffitto bianco, il cuore che batteva forte e la bocca era amara, secca.
Si spaventò quando capì di non riuscire a muovere le mani, ma si accorse che erano semplicemente legate al letto. Girò la testa di lato e la vide; era Viola che gli sorrideva.
-Questo è uno dei mondi possibili o è un sogno?- disse F. che non riusciva nemmeno a riconoscere la sua voce.
-Nessuno lo sa- disse Viola.
In un attimo tutto il mondo intorno al signor F. si fece oscuro e davanti ai suoi occhi vide gli oblò che lo stavano aspettando.
E si addormentò.

20 novembre 2008

camillo


Camillo è un giocatore dello snai.

Camillo è soprannominato il dottore. E' anziano, ma forse nemmeno troppo.
Camillo passa le sue giornate in sala corse, quella sala bianca, senza finestre, vuota. Si guarda tutte le corse in programma e gioca poco, un euro o due per volta. Alle 12 va a mangiare alla caritas e dopo pranzo torna.
Camillo, quando vince, corre a comprarsi qualcosa da bere, spesso è vino rosso. Le mie colleghe una volta gli hanno requisito la bottiglia e se la sono scolata loro, alla faccia sua.
Camillo ha una giacca sul verde, logora, piena di macchie. Temo che non l'abbia mai lavata davvero.
Camillo puzza e quando parla non si capisce niente. E' sdentato credo o semplicemente si mangia le parole.
Camillo non parla mai di niente. A chi gli fa delle domande o lo prende in giro risponde sempre e solo la solita litania: "Non rompere i coglioni", dice.
Camillo una volta ha dato della troia ad una mia collega. Se ci penso mi sembra di sentire quella parola detta con tanta fatica, come se il suo fiato fosse davvero prezioso. Troia disse, sputando anche, per lo sforzo.
Camillo, in sala corse, mangia le salsicce crude o i fichi, e quando vince ti porta le schedine sporche, con i rimasugli di cibo.
Camillo, una volta che il bagno del bar era occupato, si è fatto la cacca nei pantaloni, in mezzo alla sala. C'era chi voleva picchiarlo quel giorno, perchè puzzava.
Camillo è una carogna, quando viene alla cassa a giocare, tenta in ogni modo di confonderti per fregarti i soldi.
A Camillo ho dedicato il mio primo vero racconto. Raccontava di un uomo disperato che muore.

Camillo è morto. ieri.
In sala, oggi ne parlavano tutti. Non parlavano di lui, dicevano solo che era morto.
Camillo è morto ieri. sul serio.
Questo è un omaggio per lui; per un uomo che se ne è andato senza mai parlare a nessuno.


"Le corse dei cavalli invece sono un inferno. Io me ne sto per conto mio. Non parlo con nessuno. È già qualcosa. Chiaro, i picchetti mi conoscono. Però devo andare allo sportello, usare la voce. Dopo anni, finiscono per conoscerti. E molti di loro sono persone decenti. Penso che tutti quegli anni passati a contatto con la gente gli forniscono un certo intuito. Per esempio, sanno che la maggior parte degli esseri umani sono dei grossi pezzi di merda. E comunque anche con i picchetti mantengo le distanze. Standomene sulle mie, ho un vantaggio. Potrei farlo a casa mia. Potrei chiudermi dentro e giocherellare con le tempere o qualcos'altro. Invece in qualche modo devo uscire e assicurarmi che l'Umanità, più o meno tutta, è sempre un grosso pezzo di merda. Come se potesse cambiare! Ehi, gente, devo essere pazzo. Eppure laggiù c'è qualcosa, insomma, laggiù per esempio non penso alla morte, laggiù ti senti troppo stupido per riuscire a pensare. Mi sono preso un quaderno, pensavo: be', fra una corsa e l'altra scriverò qualcosa. Impossibile. L'aria è piatta e pesante, siamo tutti membri volontari di un campo di concentramento. Quando torno a casa, allora sì che posso meditare sulla morte. Solo un pochino. Non troppo. Non mi preoccupo di morire e non provo dispiacere. Mi sembra solo una schifezza. Quando? Mercoledì sera? O mentre dormo? O a causa dei prossimi orribili postumi di una sbornia? Incidente d'auto? E' un peso, qualcosa che bisogna fare. E me ne andrò senza fede in Dio. Va bene, posso affrontarla a testa alta. È una di quelle cose che bisogna fare, come mettersi le scarpe al mattino."
C. Bukowski. "il capitano è fuori a pranzo"

12 novembre 2008

punti di vista

"Al verme che
per primo ha roso le mie fredde carni
del mio cadavere
dedico
in nostalgico legato
queste
memorie postume."

Machado de Assis

Se io dico che la castagna è caduta dal ramo, si può dedurre che:

-la castagna è a terra.
-la castagna è stata spinta giù dal ramo
-la castagna si era stufata di stare nell'albero e si è buttata.
-era tempo che cadesse sta castagna, visto che è stagione.
-la castagna era di troppo in quel ramo quindi ha pensato di farsi un giro
-la castagna aveva bisogno di emozioni forti, ha provato a fare bungee jumping ma qualcosa è andato storto...
-la castagna era euforica e si è buttata..

mi piace questo fatto dei punti di vista.
Niente è definitivo, tutto è complesso, niente si può trascrivere in poche righe.
L'immaginazione è tutto ciò che conta.
Io sono quella castagna?

18 ottobre 2008

pensieri parlanti


"La nostra esistenza fugge così rapida che se non scriviamo la sera l'avvenimento della mattina, il lavoro ci obera, e non abbiamo più il tempo di tenerlo aggiornato. Questo non ci impedisce di sprecare anni, di gettare al vento quelle ore che sono per l'uomo i semi dell'eternità."
Chateaubriand, sul fatto di tenere un diario.

Così mi chiudo in pensieri privati. Lontano da occhi indiscreti. e di chi poi?
Parlo noiosamente per chi mi ascolta, per davvero.
Scrivo parole tangibili su fogli senza righe, che non finiscono mai.
Mi hanno regalato una penna.
Riscopro il fascino di scrivere in un diario. Uno vero.
Non l'ho mai fatto. Non ne ero capace. Ora voglio solo sapere, la mia verità.
E' un bell'effetto. E' una bella sensazione. Di liberazione e nudità.
Sono soddisfatta credo.
Ma probabilmente cambierò idea.
Era da mesi che avevo la mia valigia qua accanto a me. La osservavo come un inquilino invadente.
Adesso ho capito che era per me. Non so cosa ci sia dentro, comunque sia, presto tornerà piena di polvere.
In viaggio.

Immagine: Roland Topor, uno dei miei preferiti :)

15 settembre 2008

tigri e acciughe



"un viaggiatore inglese narra con quanta intimità vivesse con una tigre. L'aveva allenata e l'accarezzava; ma teneva sempre sulla tavola una pistola carica".

Stendhal - Il rosso e il nero.

Qualche giorno fa ho sognato una piccola tigre.
Io non so perchè lanciavo un'acciuga. Lei la mangiava.
Appariva e scompariva.
Io provavo ad allontanarmi ma quando abbassavo la guardia lei tornava e aggrediva altre persone.
Ora che sto pensando a questo sogno me ne è venuto in mente un altro. Molto più angosciante. C'era una specie di robot (stile mazinga) che aveva invaso la mia città, all'inizio (se non sbaglio) aveva invaso solo la mia casa. Anche lì provavo a scappare. A volte non riuscivo ad attraversare alcune zone della città. C'erano come delle prove da compiere, e io camminavo molto. mi pare di ricordare di aver fatto questo sogno più volte, ambientato qua, a contadilandia. Ricordo che una volta mentre ero in una strada, tutto si faceva completamente buio e io arrancavo verso la luce. Poi tornava la luce, all'inizio ero convinta che fossero fuochi d'artificio, ma in realtà era un combattimento aereo. Il robot alla fine riusciva ad atterrare, e io cercavo disperatamente di scappare, ma ovviamente lui seguiva me, o meglio, io con le mie azioni andavo sempre dove alla fine c'era lui. Bella rogna insomma.
Un'altra volta mi ricordo che era ambientato di giorno e il robot si trovava in piazza guido monaco (una piazza circolare per chi non è contadino e non la conosce :P) ricordo la gente che urlava e correva come fuori di zucca e io che non sapevo cosa fare e cercavo di nascondermi da qualche parte. Ricordo ancora, quando pensavo di essere salva, come il robot spiccando il volo, si sia fermato a due passi dalla mia posizione e dopo pochi secondi la visione di un piede gigantesco che provava a schiacciarmi.
terribile.. brrr..
tutto questo per dire cosa?
niente. Avrei voluto postare qualcosa di più bello, ma gli esami mi stanno risucchiando ogni sprazzo di energia vitale, quindi ecco qua. Poche parole scritte male e di fretta. Così come vengono, come in un sogno e una piccola tigre che mi insegue, sempre più vicino.
E in fondo... chi è di noi l'acciuga?
:)
a presto.