"Al verme che
per primo ha roso le mie fredde carni
del mio cadavere
dedico
in nostalgico legato
queste
memorie postume."
Machado de Assis
Se io dico che la castagna è caduta dal ramo, si può dedurre che:
-la castagna è a terra.
-la castagna è stata spinta giù dal ramo
-la castagna si era stufata di stare nell'albero e si è buttata.
-era tempo che cadesse sta castagna, visto che è stagione.
-la castagna era di troppo in quel ramo quindi ha pensato di farsi un giro
-la castagna aveva bisogno di emozioni forti, ha provato a fare bungee jumping ma qualcosa è andato storto...
-la castagna era euforica e si è buttata..
mi piace questo fatto dei punti di vista.
Niente è definitivo, tutto è complesso, niente si può trascrivere in poche righe.
L'immaginazione è tutto ciò che conta.
Io sono quella castagna?
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12 novembre 2008
18 ottobre 2008
pensieri parlanti

"La nostra esistenza fugge così rapida che se non scriviamo la sera l'avvenimento della mattina, il lavoro ci obera, e non abbiamo più il tempo di tenerlo aggiornato. Questo non ci impedisce di sprecare anni, di gettare al vento quelle ore che sono per l'uomo i semi dell'eternità."
Chateaubriand, sul fatto di tenere un diario.
Così mi chiudo in pensieri privati. Lontano da occhi indiscreti. e di chi poi?
Parlo noiosamente per chi mi ascolta, per davvero.
Scrivo parole tangibili su fogli senza righe, che non finiscono mai.
Mi hanno regalato una penna.
Riscopro il fascino di scrivere in un diario. Uno vero.
Non l'ho mai fatto. Non ne ero capace. Ora voglio solo sapere, la mia verità.
E' un bell'effetto. E' una bella sensazione. Di liberazione e nudità.
Sono soddisfatta credo.
Ma probabilmente cambierò idea.
Era da mesi che avevo la mia valigia qua accanto a me. La osservavo come un inquilino invadente.
Adesso ho capito che era per me. Non so cosa ci sia dentro, comunque sia, presto tornerà piena di polvere.
In viaggio.
Immagine: Roland Topor, uno dei miei preferiti :)
16 luglio 2008
cose
"So che mi accusano di superbia, e forse di misantropismo, o di pazzia. Tali accuse (che punirò al momento giusto) sono ridicole. E' vero che non esco di casa, ma è anche vero che le porte (il cui numero è infinito) restano aperte giorno e notte agli uomini e agli animali. Entri chi vuole. Non troverà qui lussi donneschi nè la splendida pompa dei palazzi, ma la quiete e la solitudine. [...] La verità è che sono unico. Non mi interessa ciò che un uomo può trasmettere ad altri uomini; come il filosofo, penso che nulla può essere comunicato attraverso l'arte della scrittura." - Borges, "L'Aleph"

A volte le "cose" ci lasciano senza fiato.
A volte le decisioni non sono razionali, ma buttate lì in un attimo. Senza stare a pensare.
Le castagne si sa, sono "esseri" prudenti. Stanno bene attente a ciò che fanno, con chi parlano e soprattutto quando buttarsi dall'albero. La castagna ha fatto poco nella sua vita, ma ogni cosa che ha vissuto l'ha raccolta e tenuta per sè; ha cercato di accumulare "cose" dentro la sua piccola valigia. E' risaputo però che è piena di polvere. La castagna quindi inserisce queste "cose" dentro la valigia e paf, si trasforma tutto il polvere. C'è chi dice che questa polvere sia magica. C'è chi dice che dentro si annidano invece acari cattivi che quando la castagna la apre, escono fuori a farle le pernacchie e cercano di morderla.
La castagna è solitaria, scorbutica e permalosa (quando gli acari la attaccano, ovvio).
Insomma, ha un pessimo carattere. A volte non si capisce, nè si stupisce se gli altri non la capiscono: lei o loro sono fuori di zucca. Tutto qua.
Le castagne hanno anche dei doveri, essendo la loro non-vita molto breve cercano di prendere le cose quasi sul serio. Perciò capita che si impegnino a fare delle prove e quando si accorgono che non si sono impegnate molto e che non ce la faranno si abbattono molto. Per questo sentono il bisogno di vivere, di comprare un biglietto, che è molto di più di un ora di concerto, è come un viaggio, verso mondi lontani e di raccogliere ogni tanto una conchiglia, la più bella, e di portarla con sè, nella sua valigia piena di polvere.
"se fosse una storia sarebbe ambientata sul lungomare di una spiaggia lunghissima. Una spiaggia senza inizio e senza fine. La storia di un uomo che cammina lungo questa riva e forse non incontra mai nessuno. Il suo sguardo si sofferma ogni tanto ad osservare qualche oggetto o frammento portato dal mare, le impronte di un granchio, un gabbiano solitario. Il paesaggio è sempre la sabbia, il cielo, qualche nuvola, il mare. Cambian solo le onde, sempre uguali e sempre diverse, più piccole, più grandi, più corte, più lunghe." - Ludovico Einaudi- Onde.
A volte le "cose" ci lasciano senza fiato.
A volte le decisioni non sono razionali, ma buttate lì in un attimo. Senza stare a pensare.
Le castagne si sa, sono "esseri" prudenti. Stanno bene attente a ciò che fanno, con chi parlano e soprattutto quando buttarsi dall'albero. La castagna ha fatto poco nella sua vita, ma ogni cosa che ha vissuto l'ha raccolta e tenuta per sè; ha cercato di accumulare "cose" dentro la sua piccola valigia. E' risaputo però che è piena di polvere. La castagna quindi inserisce queste "cose" dentro la valigia e paf, si trasforma tutto il polvere. C'è chi dice che questa polvere sia magica. C'è chi dice che dentro si annidano invece acari cattivi che quando la castagna la apre, escono fuori a farle le pernacchie e cercano di morderla.
La castagna è solitaria, scorbutica e permalosa (quando gli acari la attaccano, ovvio).
Insomma, ha un pessimo carattere. A volte non si capisce, nè si stupisce se gli altri non la capiscono: lei o loro sono fuori di zucca. Tutto qua.
Le castagne hanno anche dei doveri, essendo la loro non-vita molto breve cercano di prendere le cose quasi sul serio. Perciò capita che si impegnino a fare delle prove e quando si accorgono che non si sono impegnate molto e che non ce la faranno si abbattono molto. Per questo sentono il bisogno di vivere, di comprare un biglietto, che è molto di più di un ora di concerto, è come un viaggio, verso mondi lontani e di raccogliere ogni tanto una conchiglia, la più bella, e di portarla con sè, nella sua valigia piena di polvere.
"se fosse una storia sarebbe ambientata sul lungomare di una spiaggia lunghissima. Una spiaggia senza inizio e senza fine. La storia di un uomo che cammina lungo questa riva e forse non incontra mai nessuno. Il suo sguardo si sofferma ogni tanto ad osservare qualche oggetto o frammento portato dal mare, le impronte di un granchio, un gabbiano solitario. Il paesaggio è sempre la sabbia, il cielo, qualche nuvola, il mare. Cambian solo le onde, sempre uguali e sempre diverse, più piccole, più grandi, più corte, più lunghe." - Ludovico Einaudi- Onde.
04 giugno 2008
pioggia e vento
Osservo.
Una finestra che dà sul mondo.
Una chiesa che sembra distrutta.
Le mie mani che stanno invecchiando. rovinate.
Tutto si deteriora intorno a me. Mi fa paura.
Pioggia e vento, su di me.
Ora cammino con un peso sul cuore.
Vorrei ridere ma non ci riesco.
Ora che capisco cosa vuol dire crescere, vorrei tornare bambina.
Un mondo che non esiste più. Ho paura e vorrei solo scappare.
Ma davanti a me c'è una finestra.
Una finestra che da sul vuoto, sul niente, su un mondo bagnato che guardo da quassù, un vetro sporco, un pavimento freddo e le nuvole sempre più nere.
Pioggia e vento, su di me.
Sul mio mondo.
E io non posso fare niente.
La mia mente si perde in pensieri vuoti, senza senso e io osservo.
Da lontano. Questo mondo che langue.
Ma questa è solo una finestra e io sono l'unica spettatrice pagante.
Una finestra che dà sul mondo.
Una chiesa che sembra distrutta.
Le mie mani che stanno invecchiando. rovinate.
Tutto si deteriora intorno a me. Mi fa paura.
Pioggia e vento, su di me.
Ora cammino con un peso sul cuore.
Vorrei ridere ma non ci riesco.
Ora che capisco cosa vuol dire crescere, vorrei tornare bambina.
Un mondo che non esiste più. Ho paura e vorrei solo scappare.
Ma davanti a me c'è una finestra.
Una finestra che da sul vuoto, sul niente, su un mondo bagnato che guardo da quassù, un vetro sporco, un pavimento freddo e le nuvole sempre più nere.
Pioggia e vento, su di me.
Sul mio mondo.
E io non posso fare niente.
La mia mente si perde in pensieri vuoti, senza senso e io osservo.
Da lontano. Questo mondo che langue.
Ma questa è solo una finestra e io sono l'unica spettatrice pagante.
29 maggio 2008
con m.
"Spiegava che da bambino era solito accompagnare il padre alla Biblioteca Nazionale e, troppo timido per chiedere un libro, si limitava a prendere dagli scaffali aperti uno dei volumi dell'Enciclopedia Britannica e a leggere qualunque voce gli capitasse sotto gli occhi. Talvolta era fortunato, come quando, diceva, aveva scelto il volume <De-Dr> e aveva scoperto i druidi, i drusi e Dryden."
Una cosa che non sopporto è la tv.
E' quasi sempre inutile e mi dà quella sonnolenza fastidiosa dopo pochi minuti che mi manda nella fase mortale di inedia. Mi manda in pappa il neurone insomma e visto che ne ho uno solo credo che sia meglio evitare di guardarla, anche perchè cercare un canale che mi piaccia davvero mi stanca e io sono pigra quando mi spalmo su un divano o simili.
Tutto questo preambolo inutile serve a dire che poco fa en passant ho intravisto un cartone animato che mi sembrava vagamente di conoscere. Ovviamente non mi sono fermata nè volevo fermarmi. E' stato il caso. Mi è stato chiesto di cambiare canale. Così ho dovuto accendere quell'apparecchio mefistofelico e paf. FLASHBACK.
Avrò avuto tipo 6 anni... sono in salotto a casa mia e penso sia sabato sera perchè in tv c'è il bagaglino (il bagaglino mi fa pensare al sabato sera). Io sono in un angolo della stanza e sto giocando con la casa dei ghostbusters..
Ci sono anche delle voci (mio babbo?) sul fatto che è tardi o cose simili.
Mi stupisce il fatto che fino a un attimo fa non mi ricordavo assolutamente di questo cartone animato nè di aver mai giocato con i pupazzetti e la casa infestata :)
Sorrido ancora di più perchè se ci penso bene non sono sicura che tutto questo sia vero. Magari era un'altra casa e altri pupazzetti. boh. Mi piace questa incertezza. Mi piace soprattutto questa casualità. E' tutto comandato dal caso?
Qualche giorno fa non so come ho "scoperto" un libro che poteva interessarmi. Parlava di un uomo, Alberto Manguel (all'epoca ragazzo), che per un periodo era stato a casa di Borges a leggere per lui (Borges era diventato cieco dopo i 50 anni). Nel 2004 Manguel ha pubblicato un libercolo intitolato Con Borges.
La sua esperienza è meravigliosa e subito il lettore (io) è catturato dalla forza del libro così tanto che sembra davvero di essere lì a Buenos Aires nel 1964 ad ascoltare Borges.
Credo che sia una cosa meravigliosa.
Come una porta tridimensionale che una volta varcata ti accompagna in un luogo che non esiste, ma che è esistito.
Non posso non fare a meno di pensare che vorrei un'altra porta che mi riportasse a una casa, a un tempo, ma soprattutto ad una persona. E' maggio, un mese fantastico e mi manca. Mi manca quel suo profumo, la melodia di una voce che riesco a ricordare solo in sogno. Mi mancano quei racconti, le espressioni e i giochi. Mi manca quel tempo e non c'è nessuna porta, nessuna cosa scritta che mi riporti a quei giorni. Ci sono solo dei ricordi, ma sono nella mia testa e a volte ho paura di dimenticare.
Così chiudo gli occhi e subito mi sembra di sentire quel profumo e mi viene voglia di parlarti, così... come se il tempo non fosse passato, come se tu ci fossi ancora qua e anche se non posso nemmeno darti un bacio forse sei davvero con me.
ciao m.
:*
-Con Borges- A. Manguel
Una cosa che non sopporto è la tv.
E' quasi sempre inutile e mi dà quella sonnolenza fastidiosa dopo pochi minuti che mi manda nella fase mortale di inedia. Mi manda in pappa il neurone insomma e visto che ne ho uno solo credo che sia meglio evitare di guardarla, anche perchè cercare un canale che mi piaccia davvero mi stanca e io sono pigra quando mi spalmo su un divano o simili.
Tutto questo preambolo inutile serve a dire che poco fa en passant ho intravisto un cartone animato che mi sembrava vagamente di conoscere. Ovviamente non mi sono fermata nè volevo fermarmi. E' stato il caso. Mi è stato chiesto di cambiare canale. Così ho dovuto accendere quell'apparecchio mefistofelico e paf. FLASHBACK.
Avrò avuto tipo 6 anni... sono in salotto a casa mia e penso sia sabato sera perchè in tv c'è il bagaglino (il bagaglino mi fa pensare al sabato sera). Io sono in un angolo della stanza e sto giocando con la casa dei ghostbusters..

Mi stupisce il fatto che fino a un attimo fa non mi ricordavo assolutamente di questo cartone animato nè di aver mai giocato con i pupazzetti e la casa infestata :)
Sorrido ancora di più perchè se ci penso bene non sono sicura che tutto questo sia vero. Magari era un'altra casa e altri pupazzetti. boh. Mi piace questa incertezza. Mi piace soprattutto questa casualità. E' tutto comandato dal caso?
Qualche giorno fa non so come ho "scoperto" un libro che poteva interessarmi. Parlava di un uomo, Alberto Manguel (all'epoca ragazzo), che per un periodo era stato a casa di Borges a leggere per lui (Borges era diventato cieco dopo i 50 anni). Nel 2004 Manguel ha pubblicato un libercolo intitolato Con Borges.
Credo che sia una cosa meravigliosa.
Come una porta tridimensionale che una volta varcata ti accompagna in un luogo che non esiste, ma che è esistito.
Non posso non fare a meno di pensare che vorrei un'altra porta che mi riportasse a una casa, a un tempo, ma soprattutto ad una persona. E' maggio, un mese fantastico e mi manca. Mi manca quel suo profumo, la melodia di una voce che riesco a ricordare solo in sogno. Mi mancano quei racconti, le espressioni e i giochi. Mi manca quel tempo e non c'è nessuna porta, nessuna cosa scritta che mi riporti a quei giorni. Ci sono solo dei ricordi, ma sono nella mia testa e a volte ho paura di dimenticare.
Così chiudo gli occhi e subito mi sembra di sentire quel profumo e mi viene voglia di parlarti, così... come se il tempo non fosse passato, come se tu ci fossi ancora qua e anche se non posso nemmeno darti un bacio forse sei davvero con me.
ciao m.
:*
29 aprile 2008
P.S.
Sono in una sala d'attesa.
E' notte ormai e io aspetto.
C'è silenzio.
A volte la porta rossa alla mia destra si apre. Escono persone vestite di verde o blu. Sembrano tranquille, fanno il loro lavoro. Io aspetto. Le sedie sono consumate. Consumate dal tempo d'attesa. quella alla mia sinistra ha uno squarcio. Potrebbe sembrare un sorriso ma a me sembra più una bocca disperata. Una bocca che urla, anzi che vorrebbe urlare, ma non esce la voce. Da qua, fuori è tutto tranquillo. non c'è rumore. Nella sala di attesa è tutto ovattato. Il tempo non scorre come nella realtà, ci sono tempi diversi. I minuti sono scanditi dai rumori provenienti dalla porta rossa. Cerco di carpire voci conosciute e di riconoscere passi, ma non appena mi volto scopro facce vuote che non mi dicono niente.
Le parole nella sala di attesa hanno significati diversi. Vedo sguardi smarriti, vorrei risposte precise ma in queste sale di attesa penso che non esiste questa esattezza. E' un mondo che non conosco e che mi fa paura. Accanto a me c'è mio fratello. Parliamo del più e del meno, ma ora a distanza di poche ore non ricordo nessuna frase. So soltanto che nella sala di attesa non si può parlare di cose impegnative. Si parla di caffè, di bagni e di lavoro pesante. Si parla di cosa vorrei o non vorrei fare. Si parla, ma le mura bianche mi tolgono la voce e io faccio fatica ad ascoltarmi. Davanti a me c'è un cartello scritto a mano, con cura, in blu. E' un bel blu e scommetto quello che vuoi che l'ha scritto una ragazza. Una ragazza della mia età, magari, che in un lunedì notte di aprile, quando la situazione è tranquilla, si siede e scrive. Mi semba di vederla prendere un foglio bianco e scriverci due parole con un pennarello e colorarle piano. Poi tagliare lo scotch a pezzetti piccoli e precisi. Minuti che passano in questo tempo infinito. Un tempo che non conta, che è scandito da porte rosse in attesa di essere aperte.
Sotto il cartello ci sono delle pedate. Immagino la gente che aspetta, come me, e che appoggia le scarpe al muro. io non lo farei. Non voglio lasciare impronte qua. Non voglio questo posto. Non voglio sopratutto che questo luogo mi riconosca.
In questo mondo il tempo ti rapisce. Non esistono ore di attesa, esiste solo l'attesa. L'attesa di vederti e non importa quanto dovrò aspettare, il tempo scorre e non esiste altro. E' un altro mondo, fatto di silenzi, frasi futili e speranze.
E' la sala di attesa del pronto soccorso.
Quando la porta rossa si apre e TE sei lì in piedi, tutto cambia. Varcare la grande porta di ingresso è un ritorno alla realtà. Il tempo ora è scandito da minuti, da aria respirabile, da suoni diversi. E' notte, ma non so se fa freddo, sto bene accanto a te e la porta rossa è solo un brutto ricordo.
E' notte ormai e io aspetto.
C'è silenzio.
A volte la porta rossa alla mia destra si apre. Escono persone vestite di verde o blu. Sembrano tranquille, fanno il loro lavoro. Io aspetto. Le sedie sono consumate. Consumate dal tempo d'attesa. quella alla mia sinistra ha uno squarcio. Potrebbe sembrare un sorriso ma a me sembra più una bocca disperata. Una bocca che urla, anzi che vorrebbe urlare, ma non esce la voce. Da qua, fuori è tutto tranquillo. non c'è rumore. Nella sala di attesa è tutto ovattato. Il tempo non scorre come nella realtà, ci sono tempi diversi. I minuti sono scanditi dai rumori provenienti dalla porta rossa. Cerco di carpire voci conosciute e di riconoscere passi, ma non appena mi volto scopro facce vuote che non mi dicono niente.
Le parole nella sala di attesa hanno significati diversi. Vedo sguardi smarriti, vorrei risposte precise ma in queste sale di attesa penso che non esiste questa esattezza. E' un mondo che non conosco e che mi fa paura. Accanto a me c'è mio fratello. Parliamo del più e del meno, ma ora a distanza di poche ore non ricordo nessuna frase. So soltanto che nella sala di attesa non si può parlare di cose impegnative. Si parla di caffè, di bagni e di lavoro pesante. Si parla di cosa vorrei o non vorrei fare. Si parla, ma le mura bianche mi tolgono la voce e io faccio fatica ad ascoltarmi. Davanti a me c'è un cartello scritto a mano, con cura, in blu. E' un bel blu e scommetto quello che vuoi che l'ha scritto una ragazza. Una ragazza della mia età, magari, che in un lunedì notte di aprile, quando la situazione è tranquilla, si siede e scrive. Mi semba di vederla prendere un foglio bianco e scriverci due parole con un pennarello e colorarle piano. Poi tagliare lo scotch a pezzetti piccoli e precisi. Minuti che passano in questo tempo infinito. Un tempo che non conta, che è scandito da porte rosse in attesa di essere aperte.
Sotto il cartello ci sono delle pedate. Immagino la gente che aspetta, come me, e che appoggia le scarpe al muro. io non lo farei. Non voglio lasciare impronte qua. Non voglio questo posto. Non voglio sopratutto che questo luogo mi riconosca.
In questo mondo il tempo ti rapisce. Non esistono ore di attesa, esiste solo l'attesa. L'attesa di vederti e non importa quanto dovrò aspettare, il tempo scorre e non esiste altro. E' un altro mondo, fatto di silenzi, frasi futili e speranze.
E' la sala di attesa del pronto soccorso.
Quando la porta rossa si apre e TE sei lì in piedi, tutto cambia. Varcare la grande porta di ingresso è un ritorno alla realtà. Il tempo ora è scandito da minuti, da aria respirabile, da suoni diversi. E' notte, ma non so se fa freddo, sto bene accanto a te e la porta rossa è solo un brutto ricordo.
04 marzo 2008
passato
"E scivola nel pomeriggio d'oro
piano la barca col pigro equipaggio;
un remo qua, uno là, senza perizia
manovran le braccine, nel miraggio
di dare un qualche senso razionale
al nostro zigzagar di vasto raggio"
-Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie-
Così prendo i remi della mia barca.
A volte però mi perdo, in pensieri strani, in universi nuovi.
Mi perdo con i miei sogni che ogni tanto faccio anneggare, li butto a mare, per punizione, per tradimento.
A volte accanto a me c'è uno scrigno che sembra una bara tanto è il peso oscuro che è vi dentro. La sento che nelle notti in tempesta vuole farmi affondare, sparire per sempre. Il cielo diventa nero, nemico, mi schiaccia. Allora arriva la burrasca, e anche se provo a essere preparata talvolta è talmente forte che rischio di perdermi, in tutto quel mare, infinito. Io ho paura del mare. Del mare nero dove non vedi niente. Eppure ti parla, ma parla di morte. Parla di passato. Di cose che non ho capito o capito troppo tardi, di ferite nel cuore che sanguinano ancora.
A volte vorrei nascondermi in qualche anfratto, ma ho scoperto che la mia è solo una barchetta, una barca di carta abbandonata su un piccolo stagno che va senza meta, tirata dal vento.
Quando il cielo è arrabbiato ho paura poichè non so nuotare, ma ogni volta che sto per cadere, lo vedo, il mio fidato equipaggio apparire, pronto a tendermi la mano e a salvarmi dalle fauci dei pescicani.
Grazie fidata ciurma, per voi una risata di cuore e una sana bottiglia di rum.
piano la barca col pigro equipaggio;
un remo qua, uno là, senza perizia
manovran le braccine, nel miraggio
di dare un qualche senso razionale
al nostro zigzagar di vasto raggio"
-Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie-
Così prendo i remi della mia barca.
A volte però mi perdo, in pensieri strani, in universi nuovi.
Mi perdo con i miei sogni che ogni tanto faccio anneggare, li butto a mare, per punizione, per tradimento.
A volte accanto a me c'è uno scrigno che sembra una bara tanto è il peso oscuro che è vi dentro. La sento che nelle notti in tempesta vuole farmi affondare, sparire per sempre. Il cielo diventa nero, nemico, mi schiaccia. Allora arriva la burrasca, e anche se provo a essere preparata talvolta è talmente forte che rischio di perdermi, in tutto quel mare, infinito. Io ho paura del mare. Del mare nero dove non vedi niente. Eppure ti parla, ma parla di morte. Parla di passato. Di cose che non ho capito o capito troppo tardi, di ferite nel cuore che sanguinano ancora.
A volte vorrei nascondermi in qualche anfratto, ma ho scoperto che la mia è solo una barchetta, una barca di carta abbandonata su un piccolo stagno che va senza meta, tirata dal vento.
Quando il cielo è arrabbiato ho paura poichè non so nuotare, ma ogni volta che sto per cadere, lo vedo, il mio fidato equipaggio apparire, pronto a tendermi la mano e a salvarmi dalle fauci dei pescicani.
Grazie fidata ciurma, per voi una risata di cuore e una sana bottiglia di rum.
06 novembre 2007
invecchiando..

"strappai le pagine del taccuino una a una, le accartocciai e le gettai in un cestino di rifiuti. Giunsi all'ultima pagina proprio mentre il treno si metteva in movimento."
Paul Auster "trilogia di New York"
Paul Auster "trilogia di New York"
Ci sono momenti che tutto sembra diverso. I punti di riferimento spariscono e io mi ritrovo sola in cammino, lungo un corridoio senza fine. Ho paura di quelle porte rosse, di tutto quel bianco accecante e del rumore sordo dei miei passi incerti. Ho paura del passato mutevole. cosa cambia? Sono sempre io quella di un tempo o vengo da un sogno alternativo? i futuri si intrecciano e io, miserabile, posso solo non riconoscermi in un passato poco lontano. Infinite possibilità. Solo gli odori restano gli stessi, uniche chiavi per tornare a un giorno che fa parte solo di ricordi sbiaditi. Come quando da grandi si torna nei luoghi che calpestavamo da piccoli e tutto sembra così ridicolo e noi troppo grandi per capire quei segreti e tornare alla magia.
Un tempo avrei fatto alla svelta ad affezionarmi a ritmi e ad aggrapparmi a speranze lasciandomi semplicemente trasportare. Ora, a volte, provo tanta nostalgia per un mondo che prima accettavo (non so come) e che ora rifiuto con tutte le forze. Il mio taccuino rosso è davanti a me, con le pagine al vento a farmi ricordare chi sono. Ma se la vita è proprio un treno verso una meta a noi sconosciuta e ogni fermata è un passaggio fondamentale per definire ciò che siamo e chi viaggia con noi, mi spaventa la possibilità che i miei compagni intraprendano altre strade e di conseguenza facciano altre fermate. Sto invecchiando (ahaha) e sto diventando terribilmente selettiva (o intollerante??) con tutto ciò che mi circonda?
Domani avrò 23 anni e caspius sono proprio volati.
In fondo ciò che temo non è proprio la morte? Il perdere cognizione di ciò che sono e dei miei affetti, del mondo che conosco.
Il lungo corridoio, le porte, i passi, il buio mescolato al bianco che uccide. Dov'è quindi l'uomo vestito verde menta con la cravatta color cioccolato? Ci spia lui e complotta contro di noi. Finchè di una povera castagna non rimarrà che qualche pagina mezza strappata di un taccuino rosso pieno di ricordi. Ma ormai non ci sarà più nulla da fare.
06 settembre 2007
Lasciarsi mordere
".. e la castagna raccolse la sua piccola valigia piena di stupida polvere e lentamente sparì all'orizzonte.."
Sono qua. Ci sono. Ehii guardatemi.
Sono invisibile.
Sono sparita. Non scrivo, non commento.
Paf.
In realtà mi hanno morsa. Un morso doloroso che ha preso parte di me.
C'era del marcio forse. Ero una castagna marcia, col baco insomma.
Che potevo fare? mi sono lasciata mordere e sono sparita. Ho preso la valigia piena di polvere e sono partita. Senza dire niente a nessuno.
Non scrivo da un sacco. Mi manca. Mi mancano persone e piccole cose.
Ho tanti ricordi è vero. Un vento freddo che spacca la faccia e fa male. Il mare e un grande viaggio.
Ma sono sparita. Sono metà. E ora faccio la mia non-vita, dentro una comoda tasca, al sicuro dalle persone buone e cattive.
Forse sono solo invisibile. Una castagna che osserva la vita. E non la capisce. Vede la gente soffrire, sparire, cambiare e morire.
Vorrei cambiare le regole, vorrei dire tante parole, vorrei avere tante certezze.
Ma posso solo sognare.
A Gabry, che è andata nel paradiso dei gatti.
:*
Sono qua. Ci sono. Ehii guardatemi.
Sono invisibile.
Sono sparita. Non scrivo, non commento.

Paf.
In realtà mi hanno morsa. Un morso doloroso che ha preso parte di me.
C'era del marcio forse. Ero una castagna marcia, col baco insomma.
Che potevo fare? mi sono lasciata mordere e sono sparita. Ho preso la valigia piena di polvere e sono partita. Senza dire niente a nessuno.
Non scrivo da un sacco. Mi manca. Mi mancano persone e piccole cose.
Ho tanti ricordi è vero. Un vento freddo che spacca la faccia e fa male. Il mare e un grande viaggio.
Ma sono sparita. Sono metà. E ora faccio la mia non-vita, dentro una comoda tasca, al sicuro dalle persone buone e cattive.
Forse sono solo invisibile. Una castagna che osserva la vita. E non la capisce. Vede la gente soffrire, sparire, cambiare e morire.
Vorrei cambiare le regole, vorrei dire tante parole, vorrei avere tante certezze.
Ma posso solo sognare.
A Gabry, che è andata nel paradiso dei gatti.
:*
30 aprile 2007
Mancanze

"E' una cosa che odio. Che l'addio sia triste o brutto non me ne importa niente, ma quando lascio un posto mi piace saperlo, che lo sto lasciando."
J.D. Salinger "Il giovane Holden"
L'aria è sempre la stessa. C'è odore di chiuso, odore di vuoto.
Ciao anticamera dell'inferno.
Oggi me ne sono andata.
Ho appeso le chiavi al chiodo, con nostalgia di non so cosa. Ho sempre odiato lavorare lì. Eppure mi manca. Solita gente, giorno dopo giorno. Ti guardano con sospetto, detestano le novità, hanno paura. Poi diventi di casa, come se lavorassi lì da sempre.
Mi manca il cielo. Non manca anche a voi?
E' l'anticamera dell'inferno.
Siete degli zombi.
Bianco tutto quel bianco. Quel bianco che uccide. Come fate a resistere?
Oggi me ne sono andata, scivolando silenziosa in mezzo a tutto quel bianco.
4 ore. Infinite. Vorrei alzarmi e scappare via.
4 ore Per pensare ad un addio. Contare i minuti, aspettare la fine non vedendo l'ora di andarsene via, e poi la nostalgia che ti assale, mentre chiudi alle spalle l'ultima porta.
E' un addio. Un buon addio, dopotutto.
Immagine: Folòn "blue shadown"
21 marzo 2007
Albeggia

"Il silenzio non è fatto che di parole che si sono taciute"
Marguerite Yourcenar
Silenzio.
Parole taciute. Distanze che aumentano, che vivono di gesti e frasi mozze.
Vorrei scrivere una lettera. Una lettera di cose non dette che sono rimaste dentro. Una lettera di dolci silenzi, vane speranze, sogni bislacchi che nascono dentro di me.
Albeggia.
Le risate restano, riecheggiano come una cosa quasi passata volata via troppo velocemente. Malinconia.
Il mio breve racconto è quasi completato. Ha vita propria adesso. Lo rileggo e non sembra mio. Fa strano perchè quei personaggi sembrano veri. Li vedo davanti a me, danzare, con le loro scelte e le loro vite. Aggrappati a storie che sono reali solo per loro.
Le distanze aumentano fra noi, non vorrei ma è così, è evidente. La vita ci cambia. Vorrei scrivere una lettera, a te, frasi non dette, silenzi maledetti che nemmeno capisco più.
Il corso di scrittura è quasi finito e già mi manca.
L'università procede bene. Mi diverto e non ho paura. Non ho paura di niente oggi, perchè mi sono alzata dalla sedia di spettatore assente e ho giocato, finalmente, scoprendomi un poco e vivendo tanto.
Date le carte signori, ho l'asso di cuori, in tasca per te.
Non andartene ti prego. Un giorno ti scriverò. Una lettera vera, senza silenzi. Un giorno ci troveremo a ridere, guardando un rivolo d'acqua tracciare un sentiero.
Immagine: Salvador Dalì "The Poetry of America" 1943
20 febbraio 2007
E' la realtà spesso ad essere inesatta.

"Trovo che chi tiene un diario e ci scrive i suoi pensieri sia una testa di cazzo. Io lo faccio soltanto perché qualcuno me l'ha proposto, quindi vedete che non sono nemmeno una testa di cazzo originale. Ma in un certo senso questo rende tutto più facile. Lascio che le cose vadano come devono andare. Come uno stronzo che rotola giù da una collina."
C. Bukowski
Io sono una castagna.
Io adoro i cocchi.
Io non sbaglio mai. E' come la litografia di Escher, c'è una cascata, anche se in teoria sarebbe impossibile, tuttavia c'è. Questo dimostra che è la realtà, spesso, ad essere inesatta e non viceversa.
Come al solito sono bloccata con la mia storia.
Ci sono troppe strade da poter seguire. Troppa libertà. Io cerco, maledizione, cerco di ascoltare il mio personaggio, ma lui è troppo preso da se stesso. Si gongola nel suo essere quasi vivo, come io mi gongolo di non-vivere da castagna. E' incontrovertibile. E' laborioso. Io vorrei essere Bokononista. La religione Bokononista è una gran fregatura, ma il grande Bokonon lo ammette e sostiene infatti, nel suo primo libro, che tutte le verità che sta per dirci sono delle spudorate menzogne e che chiunque non sia in grado di capire che una religione utile può essere fondata sulle menzogne, non capirà neppure questo post. Non capirà niente. Ecco.
Io, onestamente, non capisco niente. Ma sono solo una castagna.
Ciao G.
Te ne sei andato, in un giorno freddo, in punta di piedi.
Il pianto triste delle campane.
Attesa infinita.
Silenzio dopo silenzio.
Il pianto triste delle campane.
A me resta solo qualche dettaglio.
Un sorriso bonario, e la germania, quella che hai visto tu.
Il pianto triste delle campane.
Silenzio.
Grazie G.
Grazie per tutte le tue domande :')
Immagine: M.C. Escher "cascata"
C. Bukowski
Io sono una castagna.
Io adoro i cocchi.
Io non sbaglio mai. E' come la litografia di Escher, c'è una cascata, anche se in teoria sarebbe impossibile, tuttavia c'è. Questo dimostra che è la realtà, spesso, ad essere inesatta e non viceversa.
Come al solito sono bloccata con la mia storia.
Ci sono troppe strade da poter seguire. Troppa libertà. Io cerco, maledizione, cerco di ascoltare il mio personaggio, ma lui è troppo preso da se stesso. Si gongola nel suo essere quasi vivo, come io mi gongolo di non-vivere da castagna. E' incontrovertibile. E' laborioso. Io vorrei essere Bokononista. La religione Bokononista è una gran fregatura, ma il grande Bokonon lo ammette e sostiene infatti, nel suo primo libro, che tutte le verità che sta per dirci sono delle spudorate menzogne e che chiunque non sia in grado di capire che una religione utile può essere fondata sulle menzogne, non capirà neppure questo post. Non capirà niente. Ecco.
Io, onestamente, non capisco niente. Ma sono solo una castagna.
Ciao G.
Te ne sei andato, in un giorno freddo, in punta di piedi.
Il pianto triste delle campane.
Attesa infinita.
Silenzio dopo silenzio.
Il pianto triste delle campane.
A me resta solo qualche dettaglio.
Un sorriso bonario, e la germania, quella che hai visto tu.
Il pianto triste delle campane.
Silenzio.
Grazie G.
Grazie per tutte le tue domande :')
Immagine: M.C. Escher "cascata"
12 febbraio 2007
il cielo fece nero

e s’affamó d’abisso, che tutti ci prendesse."
l'amour.
Le castagne non amano.
Le castagne non pensano.
Sono lì. Sono delle castagne che non vivono.
Ciao castagna.
Vattene via.
Non riesco più a scrivere.
Si perdono i pezzi.
Si perde la vita.
Si perde ogni cosa, scivola via.
Un cuore spezzato.
Una freccia infilzata.
Colpa mia, una mente malata.
"Salvezza prendimi nell'anima.
Salvami il cuore."
"che io abbia due soldi, due soldi sopra gli occhi
due soldi per l’onore, due monete in pegno
per pagare il legno, la dura voga del traghettatore"
Ciao castagna.
Vattene via.
"e il legno cedeva all’acqua suo pianto
la vela cadde, la sete ci asciugó
acqua, acqua, acqua in ogni dove
e nemmeno una goccia, nemmeno una goccia da bere
e gli uomini spegnevano, spegnevano il respiro
spegnevano la voce, nel nome dell’odio"
Io ti osservo, castagna.
La tua non-vita, che passa.
L'inverno che avanza.
L'amore non basta.
"questa é la ballata di chi si é preso il mare
che lapide non abbia, ne ossa sulla sabbia
né polvere ritorni, ma bruci sui pennoni
nei fuochi sacri, nei fuochi alati"
Ciao castagna, non dimenticarti di me.
Pietà, pietà, pietà..
"O Santissima dei naufragati vieni a noi che siamo andati
senza lacrime senza gloria, vieni a noi, perdon, pietá. "
Immagine: Lorenzo Mattotti.
Testo: "S.S dei Naufragati"
27 novembre 2006
sono scema..

sono scema.
attenzione guardate bene l'etichetta. c'è scritto. sono scema.
musica.. mi fa compagnia e mi calma.. sono agitata? perhcè? perchè sono scema.
ok, ok, guardate l'etichetta allora, basta saper leggere a modo vostro.
pensieri scivolosi.
la canzone non finisce più..
mi da certezza.
Vorrei infilarmi sotto le coperte con questa musica e le luci spente, però piangerei.
sono scema.
aiutatemi a trovare le parole
aiutatemi ad aprire il mio cuore.
ho paura del buio che c'è dentro.
una striscia nera.
bianco e nero.
a strisce.
sono scema.
scusatemi.
vorrei scappare via.
pensieri su pensieri, andatevene, lasciatemi qua, con qualche libro sotto il braccio, non si sa mai, ad ascoltare questo scorcio di notte.
una canzone dolce, a ripetizione e tu che senz'altro starai dormendo.
nebbia.
un sogno forse.
vorrei la nebbia dentro di me a cancellare tutto ciò che mi rende scema.
ma è impossibile.
io vorrei camminare via. ma non vedo più la strada, sono ferma in mezzo all'universo sconfinato della mia anima, trascino il mio pupazzo per il braccio, la testa si sta staccando ormai. speranze. solo se parlasse. solo se vivesse. solo.
già.. solo per dirti..
vorrei saperlo anche io cosa dire al momento giusto.
ma non c'è mai un momento giusto per i miei pensieri.
perchè dovrei solo stare zitta e correre via.
ad ascoltare la notte.
che passa veloce e se ne va. lasciandomi lì, sola, col mio pupazzo.
la testa mezza staccata,
ma il cuore c'è.
ho paura.
paura delle paure più stupide.
ma infondo cosa importa.. sono solo scema.
dormirò fino a maggio, con te.
perdonami.
..
30 ottobre 2006
x

Giorni ics. Li senti arrivare da lontano, sempre più forte, ti catturano ogni pensiero e lo portano via.
Alieni.
Mi hanno rapito gli alieni.
Ics.
Giorno ics,è tutto beige qua, non torna niente. senza tempo. Ho vinto un ora. 60 minuti, forse si ripetono come un disco rotto, continua a tornare al punto di partenza.
Gente, tanta, mi ruba l'aria.
spende tutti i suoi soldi. li osservo, sembrano usciti dalla penna di un disegnatore pazzo, noto particolari che svaniscono poco dopo. uno dietro l'altro. pensieri. x. vuoto.
Notte. Freddo, piomba delicatamente, portando con sè nostalgia e malinconia per ciò che è passato.
Seppellisci tutto lontano, ti prego, non voglio sentire più parole, ho bisogno solo del rumore delle foglie secche che accompagna i nostri passi. Le calpesto di tanto in tanto.
Non posso cancellare il passato. Frammenti ormai. Restano lì a mezz'aria, crouch, lamento disperato o solo un addio sofferto.
Passi nella notte.
Parte di me. Ti abbraccio, voglio piangere, non ci sono parole giuste o sbagliate, mi basta il tuo silenzio e il battito del tuo cuore.
DRIN.
Ti allontani.
Solo un lampione ormai.
Ci illumina tenue, come un ricordo dolce si mostra davanti a me rischiarando appena i contorni di una piccola parte di strada..
Passi sempre più vicini, sempre più insistenti.
Non voglio pensare.
Ricordi, frammenti, foglie secche spezzate nella notte.
Non voglio voltarmi, non voglio farmi attraversare da tutti questi ricordi.
ics.
Ci sei tu ormai, il tuo soffitto bianco, qualche crepa.
Foglie secche.
Solo frammenti, tanti sorrisi.
sto bene. =)
18 ottobre 2006
Ma ho qualcosa che non va...

Un uomo in mare..
Abbassa diavolo.. è tardi..
ok ma ascolto.
ascolto e nuoto con caparbietà.
diavolo.
Ma ho qualcosa che non va.
Lo vedono tutti.
Ho qualcosa che non va.
E non c'è niente da fare.
E' come il crostino.
Non può essere verde a chiazze. Non mi ispira.
Questo è un post inutile.
Avrei dovuto scrivere sulla moleskine, poteva perdersi nel mucchio di scritti a lapis di getto e senza senso, ma questa è casa mia, diavolo, casa mia.
bah.. cosa vuoi che conti eh?
non conta niente. hai ragione.
ok.
bene.
diavolo.
Ma ho qualcosa che non va..
e lo sapete tutti voi.
E io rimango lì ad aspettare.
Sono così.
cazzo.
sono così.
"Ma ho qualcosa che non va se mi fermo a pensare.. che cos'è la libertà?"
"In fuga dalla civiltà..
una pescia in mare..
verso la sua libertà..
fuochi e clamore e coriandoli...
vado dove porterà la mia forza e la voglia di vivere...
ma qualcosa qui non va se mi fermo a pensare che cos'è la libertà?"...
bah.. adoro questa canzone..
continuo ad ascoltare..
le parole escono troppo veloci per le mie dita lente.
quali parole?
sconnesse, rapide e insicure.
cancella cancella tutto.
cancella ogni cosa.
dimentica tutto.
come si fa?
sono così.
sono maledettamente così.
non dimentico.
non perdono.
diavolo.
fate qualcosa anche voi, luridi spettatori immobili di questo mondo di merda.
il circo è finito.
the end. toglietevi il cappello, fate l'inchino e attendete gli applausi.
10 ottobre 2006
6 ottobre 2006
Osservo il mondo.
Lo vedo passare veloce, a tratti.
Piccoli spiragli di vita da dietro una serranda.
Vento in faccia, cerco di svegliarmi dal torpore di una giornata a tratti.
Luce. Buio. Luce.
Una lacrima.
Cade, la vedo come se il tempo rallentasse sempre più.
Pixel su pixel osservo la sua corsa verso terra.
PLAF.
Tutto qui?
Pensieri su pensieri.
Vorrei plasmare un mondo di sconfinati silenzi.
Gesti che si susseguono a gesti.
Miseri spiragli di luce.
Sto bene, dopo tanto tempo, ma vorrei solo piangere.
PLAF.
Lo vedo passare veloce, a tratti.
Piccoli spiragli di vita da dietro una serranda.
Vento in faccia, cerco di svegliarmi dal torpore di una giornata a tratti.
Luce. Buio. Luce.
Una lacrima.
Cade, la vedo come se il tempo rallentasse sempre più.
Pixel su pixel osservo la sua corsa verso terra.
PLAF.
Tutto qui?
Pensieri su pensieri.
Vorrei plasmare un mondo di sconfinati silenzi.
Gesti che si susseguono a gesti.
Miseri spiragli di luce.
Sto bene, dopo tanto tempo, ma vorrei solo piangere.
PLAF.
07 settembre 2006
scheletri nell'armadio

In cerca di silenzi vago.
Fra scheletri veri o presunti cerco un angolo tranquillo dove poter stare.
In mezzo a tutta questa confusione cerco luce.
Desidero trasparenza e chiarezza nelle persone, anelo silenzi nei luoghi che vorrei visitare.
Invece sono ferma qua.
Bloccata dentro un inutile armadio cercando scheletri che non conosco.
toc toc.. c'è nessuno?
sterili rumori.
chissà chi c'è fuori di qui, forse i mostri sono davvero al mio fianco.
paure nascoste.
restano sempre i rumori.
shhhhh.
04 settembre 2006
niente da dire

vorrei scrivere.
ma genialmente ho lasciato la mia moleskine in uno scatolone indefinito.
:|
non che sia ispirata così tanto da bloggare, ma visto che il sonno non arriva, scrivere 2 righe depressive lì mi faceva sentire come dire? :| non so. mi hanno rubato le parole. il neurone è in vacanza permanente ecc. scrivo lenta al pc e male. ho voglia di cancellare con la gomma per sentirne l'odore e osservare i resti sul tavolo. insomma parlo da sola. dicendo cose inutili tanto per scrivere bah.
penso. penso a cose inutili. non voglio essere triste. però ci penso. nel vuoto della stanza osservo le foto. mi mancano quei momenti, vorrei aggrapparmi a quelli come se ogni foto fosse una porta per il passato. e invece sono lì immobili, lasciano solo nostalgia.
i giorni passano, sono tanti ormai e tu non ci sei. che scema che sono. non voglio pensarci. scrivo tanto per scrivere, vorrei cancellare ma non si può.
scrivo? non si può nemmeno definire scrivere questo. è solo un lento accostamento di parole inutili e simili giorno dopo giorno. Non provo più nulla ormai. nessuna sensazione. post dopo post, giorno dopo giorno, ora dopo ora. ho bisogno di spazio. della mia moleskine.
bah.
domani cancello adesso scrivo scrivo scrivo scrivo scrivo scrvio scivo srcvo scrivo scrivo scfivo sfibvo svcfib sovfijbf scfiboofjb scggjfò scfovfiopò.
stop-
31 agosto 2006
cheese

cheeeeeese.
cheeeeeeeeseeeeeee.
non funziona più.
che faccia idiota che ho.
Grigio.
Sono stata rapita e portata via. Ma poi si torna e tu non ci sei.
168 ore.
Cheeeeeseeeeee.
E' tutto grigio senza di te.
Non ci riesco.
Cheeeeseeeeeeeee.
Senza soluzioni mi aggrappo alle piccole cose.
Pagine bianche.
Tattek e un thè per non pensare.
Cheeeeeeeseeeeeee.
Nel grigio resta solo la mia faccia idiota.
Rovistando dentro me stessa cerco una maschera per ripararmi.
un dito dove nascondermi.
Cheeeeeeseeeeeeee.
Dove sei?
Tutte quelle cose volevo vederle con te.
centosessantotto.
volate via.

Eppure ti ho perso.
cheeeeseeeeee.
Grigio.
Solo ricordi e lacrime amare.
Cercavo solo di ridere.
:|
ma non ci riesco senza di te.
mi manchi.
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